Chiacchiere, coccole e coccodrilli

Posted On ottobre 27, 2009

Archiviato in canzoncine, Famiglia, Leonardo, Manuele, Nido/materna

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Ho giá detto che l’autunno mi piace? Mi pare di sí. Poi quest’autunno caldo e soleggiato, che fa risaltare ancora di piú i colori dei colli bolognesi, mi mette allegria. Complice anche il fatto che la stanchezza, tanta, che c’era sta un po’ passando grazie ad un piú accorto uso del tempo a disposizione, a molto aiuto da parte del maritino e al magico integratore di ferro che mi ha tenuto su tutta la gravidanza. “Mai sottovalutare il cambio di stagione!” ricordano foglie e capelli che cadono come castagne.

Intanto la scuola prosegue e, tra una febbre e un raffreddore, Manuele è sempre molto contento di andarci. Al richiamo di “Andiamo dai bimbi!” risponde “Hi!” e si precipita verso una porta dicendo “Bimbi!”. Ma la sua passione, al momento, sono le bimbe, piú che i bimbi. Piano piano, dato che Leonardo guarda un po’ di dvd piú o meno selezionati la sera *, gli abbiamo consentito di fare compagnia al fratello. Ma se non c’è una bimba, o una ragazza, tra i protagonisti Manuele non è contento e chiede insistentemente di cambiare. Qualche tempo fa sono andata a prenderlo a scuola e l’ho trovato che accarezzava rapito di riccioli di Isabelle, che un po’ perplessa osservava con indifferenza il gioco degli altri bimbi ma non si sottraeva affatto alla coccola. In definitiva l’universo bimba è attualmente percepito pieno di fascino, tanto che la nonna gli ha regalato una vecchia bambola di pezza, chiamata molto fantasiosamente Bimba, che è presto diventata sua fida compagnia.

Dal punto di vista del linguaggio c’è una vera e propria esplosione, ora dice intere frasi, forse non proprio corrette, e immediatamente prova a ripetere le nuove parole che gli sembrano di qualche importanza. È un’esperienza nuova per noi, perché Leo, a parte pochi buffissimi tentativi (vedi il papallo e la papalla), quando ha cominciato a parlare, molto piú tardi, aveva giá una discreta proprietá di linguaggio, e non ci aveva abituato a questa abbondanza di parole storpiate ma comprensibili di cui ci inonda Manuele. La nostra capacitá decifrativa è ulteriormente messa alla prova dal fatto che ora a casa prova a cantare le canzoncine che sente da me, dai cd, o a scuola. E non sempre è facile. Dopo un fine settimana che ha passato a battere le mani dicendo “papá! cia cia cia” mi sono ricordata di una canzoncina che avevo sentito all’asilo di Leonardo, l’anno scorso, Papacía, appunto. Da qui la ricerca su internet, lo studio metodico e l’esibizione serale della mamma in questa hit trascinante, con apprezzamento e coinvolgimento entusiasta del pubblico medio-piccolo.

Sará l’autunno, sará che con la scuola ci si vede meno, sará il distacco, ma i bimbi in questo periodo sono ipercoccolosi. Leonardo ogni tanto la sera si sdraia sul divano e mi chiede “Mamma, mi accarezzi i piedini?”. Il loro latte serale, che anche Leo prende ancora con il biberon, se lo bevono tutti accoccolati addosso a mamma o papá, e mentre guardano la televisione, o prima di addormentarsi, si occupano anche loro di noi accarezzandoci i capelli. Ovvero, Manuele li tira, ma Leonardo proprio ci coccola come noi coccoliamo lui.

Il mio ometto grande in realtá ci prova anche con il fratello: “Lele, vieni in braccio, che ti leggo un libro e ti faccio due coccoline!”. A volte il piccolo risponde un netto No! ma ogni tanto si precipita in braccio al fratello, che naturalmente non lo riesce a reggere visto che ormai hanno una differenza di un paio di chili e una decina di centimetri, e finiscono entrambi abbracciati sul divano a sbavusciarsi la faccia.

Mi rendo conto dell’estrema melensaggine di quello che racconto, ma lo scrivo qui per potermene ricordare quando arriverá il momento in cui la mia massima intimitá con i miei figli sará lavargli i calzini sporchi e avró bisogno di una prova scritta per credere che erano cosí mammoni e coccolosi.

A proposito di mammite, la fase lettone prosegue. Io, stoicamente, metto Manuele la sera semiaddormentato nel suo lettino, ma dopo un paio d’ore cominciano i risvegli, che si placano solo stretti stretti a mamma. Allora se la mamma vuole anche dormire, si dorme insieme e pace. Sta di fatto che nel lettone fa tutta una tirata, al limite si sveglia un paio di volte cercandomi e riaddormentandosi quando sente che ci sono.

E i coccodrilli? In realtá di coccodrillo ce n’è solo uno. Si chiama Camillo ed è stato abbrancato da Manuele in una gita all’Ikea con i nonni e ci è rimasto abbracciato per qualche giorno. Dovevamo anche portarcelo fuori quando uscivamo, cosí andavo in giro con 3 bimbi di meno di un metro invece che due. Fortunatamente la passione è un po’ scemata e Camillo adesso staziona felicemente nel lettino a dormire come ogni bravo pelouche che si rispetti.

* Non ne sono orgogliosa, ma per ora va cosí…

I metodi e la dialettica

Posted On settembre 10, 2009

Archiviato in Famiglia, Scelte educative

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Prendo spunto da tutto questo dibattito che freme per blog parentali su scuola/non scuola, montessori, steiner, malaguzzi e dintorni per fissare qui un’idea che ho da tempo, e magari mi fará bene rileggere quando nuovamente non sapremo che pesci pigliare su scelte piú o meno importanti che riguardano i nostri figli.

Quando sono rimasta incinta per la prima volta, una gravidanza gemellare e difficoltosa con la prospettiva di un capovoglimento totale della mia vita precedente, ho cercato di approcciare la mia paura del futuro nei due modi con cui diversi maestri di vita mi hanno insegnato ad affrontare le difficoltá e il nuovo che arriva: amando e studiando. Questo non significa che riesca sempre a seguire in questi due metodi, ma sono i primi che mi vengono in mente passato il primo impatto.

Chiara Lubich dice che l’amore è come i pedali della bicicletta collegati alla dinamo: quando si ama, si pedala, la luce si accende, e tutto si chiarisce. Quindi amare i miei due bimbi, ora tre, perché Tata fa sempre parte della nostra famiglia, nel modo che potevo, con i limiti che avevo, mi aiutava anche a tranquillizzarmi e a effettuare scelte sul loro futuro.

Dall’altro lato pensavo che la mia paura di diventare genitore e la frenesia di sapere come fare, cosa è giusto e cosa sbagliato, come si fa a far spazio ad un bimbo piccolo, accoglierlo ma non essere completamente sopraffatta, prepararsi alla responsabilitá piú grande che mi toccherá in tutta la mia vita, si potesse chiarire leggendo e studiando i vari approcci al problema “come essere il genitore perfetto e vivere felice”. E quindi mi sono messa a studiare.

Ho imparato parole e sintagmi esoterici, come attachment parenting, metodo EASY, ferberizzare, elimination communication, ho conosciuto un po’ meglio la Montessori e incontrato per la prima volta Steiner, denigrato Estivill, apprezzato Gonzáles, improvvisamente Spock per me non aveva piú solo le orecchie a punta ed era diventato dottore, Piaget e quell’altro inglese di cui mi scordo sempre il nome sono diventati i miei conversatori abituali e Bernardi il mio mentore tranquillizzante. Ho frequentato forum e mailing list di esperti e di altre mamme. Insomma, sono entrata in un mondo fino ad allora inesplorato e affascinante ma ne sono uscita piuttosto confusa e un attimino irritata.

Una prima impressione sgradevole è stata che la maggior parte delle teorie sono mammocentriche o figliocentriche. E tutti ti paventano le conseguenze magnifiche o terrificanti di ogni tua singola azione. Quindi sappi che se riempirai tuo figlio di coccole da piccolo sará piú intelligente e sicuro di sé da grande, ma anche se farai in modo che dorma tutta la notte ti troverai improvvisamente un piccolo genio iperproduttivo a scuola, e ti diró pure che la sua integritá affettiva dipenderá fortemente da quanto a lungo lo terrai in braccio, mentre la sua indipendenza sará direttamente proporzionale al tempo passato sulla sdraietta felice, ma ovviamente dovrai essere vigilissima mentre sta lí a giocare nella palestrina a cogliere i primi segnali di sonno altrimenti farai di tuo figlio un nevrastenico.

Pochi, pochissimi, parlano di relazione e di equilibrio. Ovvero, moltissimi parlano di relazione, ma quando ne parlano schematizzano e spesso considerano solo una delle due parti. E tutti sono pronti a profetizzare i peggiori abominii nel futuro di tuo figlio se ti azzarderai a seguire la scuola avversa.

Eppure.

Gli esempi reali ce li ho sotto il naso. Ossia mamme preparatissime dal punto di vista intellettuale che messe in relazione con un piccolo essere autonomo che non ne vuole sapere di rientrare nello schema prefisso e preparato da tante, tantissime letture, sanno cambiare idea e ricreare l’equilibrio. Mamme pronte a tenere i figli a casa per dedicarsi in prima persona alla loro istruzione che vengono spiazzate dalla richiesta dei bambini di andare a scuola, che sanno considerarli persone e appoggiare le loro esigenze e il loro bisogno di autonomia. Mamme convinte ad applicare il metodo Estivill che si convertono al lettino sidecar perché capiscono che la loro bimba di quello ha bisogno al momento. Mamme che di fronte alle difficoltá dell’allattamento al seno decidono di passare al biberon, perché hanno altri figli e non riescono a gestire tutto, o perché se non riescono a dormire sono nervose e credono che una mamma serena sia piú importante di concedere qualche poppata di latte artificiale.

Dico mamme, per dire genitori, perché per vari motivi sono le mamme che quando i bimbi sono piccoli come i miei vivono generalmente in prima persona queste difficoltá, anche se ovviamente non sono solo loro a prendere le decisioni. E faccio questi esempi proprio perché sono differenti dalle scelte che abbiamo fatto noi per i nostri bimbi, ma ne condivido pienamente lo spirito.

Perché da quando finalmente, dopo il parto, vediamo quei musetti, magari diversi da come ce li eravamo immaginati, comincia il processo di educazione vicendevole, ed è un gioco dialettico, in cui crescono sia i bimbi che la mamma e il papá, e si adattano l’uno alle esigenze dell’altro, ed è un’esperienza nuova e diversa per ognuno, e per fortuna che i metodi falliscono o ci prendono solo in parte, perché siamo tutti unici ed è l’imprevedibile nascosto nell’altro che ci rende la vita un’avventura persino quando siamo all’interno delle mura domestiche.

Riposo?

Divertirsi ci si diverte, i bimbi sono impazziti ad avere papà e mamma sempre con loro. Il mare è un successone e  in 4 si è il numero giusto per fare le gare spingendo salvagenti a forma di pesciolino in su e in giù. Leonardo vuole sempre arrivare primo e per ora lo accontentiamo, tanto Manuele applaude comunque.

canottini

Poi c’è stato un matrimonio di una cara amica di adolescenza della  mamma, con l’occasione di rivedersi con tante persone con cui ci si vede ormai troppo raramente. E prima completare una parte del regalo, per lasciare qualcosa di personale, trovare vestiti comodi ma eleganti per tutta la famiglia e scarpe rasoterra per la mamma, che ha finalmente rimesso dei tacchi come si deve per la cerimonia che ha prontamente cambiato con flipflop in tinta quando si è trattato di inseguire i bimbi per tutta la sala del ricevimento. E qui bisogna dare una menzione con lode al papà, che si è occupato maggiormente dei due monelli permettendo alla mamma di stare un po’ con i suoi amici. Certo, un matrimonio tradizionale il 2 Agosto alle 12, con tanto di pranzo post cerimonia e due bimbi piccoli è un’impresa, ma ce la siamo cavata.

Però un po’ mi manca la vacanza dei vecchi tempi, in cui si macinavano una decina di libri a testa, il ricamo, le lunghe nuotate e le dormite in spiaggia, i concerti da camera nel chiostro di San Francesco e le rassegne di cinema estive. La mia idea di riposo e di ricarica per il nuovo anno, insomma.

Però c’è il risveglio al mattino con i cappuccini del papà e la colazione fuori nel microgiardino

cappuccini

colazione

e le passeggiate per Alghero e, se i bimbi dormono contemporaneamente, forse riusciamo a finire di vedere Battlestar Galactica, e il tempo del riposo tornerà tra qualche anno, intanto ci godiamo Leonardo e Manuele, che passano il tempo a lottare come tigrotti,

Lotta greco-romana

si  abbracciano, si buttano uno sull’altro, si rotolano insieme, si accarezzano, e poi ricominciano. Litigano, si cercano, ridono, confabulano in non si sa quale lingua, urlano felici quando finalmente il fratello addormentato si sveglia.

Manuele dice ora anche “Bata!” (basta), “palla” e “ciao”, oltre a “bonde!”, parola onomatopeica per annunciare che si sta per buttare o sta per lanciare qualcosa da qualche parte, più 3 modi diversi di dire No. C’ è il “no” secco, il “noooooo” di quando è scocciato dalla tua interferenza e il “mmmmnnnnoo!” che arriva da lontano e interpreto come rafforzativo. E i versi  degli animali, “Bao”, “Mao” e “Mmmmmmmmm” detti in un tono  cavernoso che se questa è la sua voce bianca avremo un basso-baritono in casa fra qualche anno.

Leonardo invece da bravo piccolo intellettuale passa le vacanze a fare i giochi “unisci i puntini” e a farsi leggere (a saltelli) tutti i miei libri illustrati di quando ero piccola, che la nonna ha conservato in questa casa quando è stata venduta quella della mia infanzia.

E quando si esce ci fa sbellicare dalle risate incitandoci con un “Andiamo, ragazzi!”

Andiamo ragazzi!

Sempre più in alto!

Posted On agosto 5, 2009

Archiviato in Famiglia, Foto, giochi del papà, Leonardo

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Non esiste vacanza senza che il Papà possa portare con sè la sua dose di giochi e giochini da tavolo da imporre al resto della famiglia e ai suoi (sventurati) ospiti o da provare in solitario (si, anche in solitario: in genere wargames storici).
Anche quest’anno, pur conscio delle enormi difficoltà che si sarebbero frapposte tra me ed il tavolo da gioco (due in particolare, nemmeno troppo enormi: circa 90 cm uno e 70 e spiccioli l’altro), non mi sono fatto mancare l’essenziale scorta di boardgames composta da: 5 wargames (ambientazioni varie: da Agincourt alle Crociate, dal fronte orientale della I guerra mondiale alle battaglie navali di Trafalgar, passando per il Vietnam e lo sbarco in Normandia) e 3 boardgames più semplici da provare con la Mamma e magari la Nonna.
Sin dal primo giorno, tuttavia, è parso evidente che organizzare un qualche “partitone” sarebbe stato più difficile del previsto e quindi ho ripiegato su partite in solitario (attualmente sto guidando una compagnia di fucilieri in un assalto ad alcune postazioni fortificate subito dopo lo sbarco in Normandia).
Ma la speranza, si sa, è l’ultima ad abbandonare un giocatore incallito ed infatti, finalmente, negli ultimi due giorni, siamo riusciti, approfittando di sonnellini abbastanza lunghi dei puponi, ad organizzare ben 3 partite ad un giochino che ho regalato alla Mamma in occasione del nostro 6 anniversario di matrimonio. Quattro, dico quattro, agguerritissime partite all’ultimo cubo di legno, per tentare la scalata di una coloratissima struttura.
Il gioco si chiama Die Aufsteiger (una traduzione veloce potrebbe essere Lo Scalatore), pubblicato da una piccola casa editrice tedesca: allego alcune foto per testimoniare l’epocale avvenimento, non senza l’orgoglio di aver collezionato 3 vittorie su quattro partite.

Architetture Leonardesche

E questo dove lo metto?

Ma certo… i bimbi prima o poi si svegliano, ed allora anche Leonardo ha voluto mettere le mani su quei bei cubettoni… e con che risultati!

Archittetture Leonardesche

Archittetture Leonardesche

Buone vacanze e buon gioco a tutti!

Autore: papà

Sfortuna opportuna

Quando voi bambini a cui è dedicato questo blog sarete grandi questa crisi finanziaria ed economica sará forse dimenticata. O forse se ne parlerá in modo mitico come la prima crisi veramente globale del ventunesimo secolo o tragico come quella crisi che mise in ginocchio l’Occidente o forse, speriamo, anche in modo positivo, come quella crisi che mise fine ad una crescita senza sostanza e ci fece rivedere le prioritá verso gli altri e verso l’ambiente.

Chissá se ci chiederete mai cosa faceva la nostra famiglia in quel frangente e cosa facevate voi nel 2009, se eravamo ricchi, se abbiamo avuto difficoltá da affrontare in questa congiuntura e come le abbiamo affrontate.

Beh, meglio che lo sappiate, ricchi non siete, ma non vi manca nulla di importante. Avete una casa, è un appartamento piccolo piccolo in cui siamo un po’ strettini, visto che la vostra cameretta è una singola, ma è nostro (e in questi giorni estingueremo anche il resto del mutuo).

La mamma prima di rimanere incinta la prima volta lavorava a tempo pieno e le piacerebbe continuare a farlo, per due motivi: il primo è che il suo lavoro le piace molto, il secondo è che con il papá, quando la nostra famiglia si è allargata, abbiamo fatto delle scelte: lui ha lasciato lo studio per cui lavorava perché non gli lasciava sufficiente tempo libero per potersi organizzare con i suoi clienti e per la sua famiglia e si è buttato e ha un piccolo studio legale per conto suo. Questo peró vuol dire che probabilmente per qualche anno lavorerá tanto ma non guadagnerá moltissimo, capita cosí quando si comincia. Quindi lo stipendio di mamma serve tutto.

Il problema è che c’è la crisi. Da ogni parte si sente parlare di licenziamenti e cassa integrazione, di ordini fermi, di mancati incassi. Tutta la catena produttiva rallenta o si ferma. E anche nell’azienda in cui lavora la mamma la diminuzione di fatturato ha portato a parlare di esuberi, di licenziamenti collettivi. Dopo un mese di trattative hanno deciso di optare per i Contratti di Soliderietá, un ammortizzatore sociale per cui tutti ci si diminuisce il lavoro, in proporzioni diverse a seconda del ruolo, per evitare che qualcuno rimanga senza. Alla fine è stato un percorso positivo, ma il risultato è che la mamma lavorerá 10 ore in meno a settimana per i prossimi due anni.

Lo stipendio non sará ridotto proprio del 25%, ma un po’ di meno, perché una parte della differenza la coprirá l’INPS. Certo, bisognerá ingegnarsi per spendere di meno, ma devo ammettere che se c’era un momento opportuno perché questo accadesse era questo.

Questa azienda permette di lavorare in buona parte da casa fino al compimento di un anno di etá del figlio, il che significa che negli ultimi anni la mamma è stata prima in maternitá a rischio dalla fine del terzo mese perché gemellare, quindi a riposo a casa, poi ha lavorato da casa fino a che Leonardo non ha compiuto un anno, poi per 7 mesi a tempo pieno, mentre aspettava Manuele, portandosi il pranzo da casa e mangiandolo di fronte al computer per uscire prima e poter stare qualche ora a giocare con Leo, poi di nuovo in maternitá, poi ancora a lavorare da casa. Tutto questo finiva il 6 Marzo, con un po’ di magone. Avevo l’idea di prendere comunque dei giorni di maternitá facoltativa fino all’Estate e prolungare un po’ le vacanze estive, ma vedo i miei bimbi ancora cosí piccoli e l’idea di stare lontano da loro tutto il giorno mi pesava molto. Se avessi potuto ottenere un part time per un paio d’anni, pur con tutti i sacrifici che ne derivavano, forse l’avrei fatto, ma nell’azienda in cui lavoro il part time se richiesto è a tempo indeterminato per cui sarebbe stato difficile ritornare a lavorare 8 ore al giorno.

In un primo momento avevo pensato di distribuire queste 10 ore in meno su tutti i giorni, in modo da lavorare solo 6 ore al giorno e poter tutti i giorni stare con i miei bimbi per una parte del pomeriggio. Ne ho parlato con il papá che mi ha detto: “Bravissima, alza la mano destra che vado a prendere la Costituzione e ti faccio giurare che non farai un minuto in piú di queste sei ore al giorno”.

Non ho giurato, perché aveva ragione a temere che poi avrei prolungato il lavoro, continuando a lavorare forse non 8 ore, ma almeno 7 al giorno. Quindi alla fine la decisione è che la mamma lavorerá 8 ore dal Lunedí al Mercoledí (e ancora si porterá il pranzo da mangiare davanti al computer per essere da voi il prima possibile), 6 ore il Giovedí e stará a casa il Venerdí. Potrá passare piú tempo con voi, e anche se abbiamo dovuto rinunciare al viaggio in Canada per andare a trovare la Zia Laura, anche se non potremo andare subito a vivere in una casa piú grande, anche se magari il futuro sembrerá un po’ piú incerto di come era ieri troveremo il modo di renderci la vita allegra. Intanto oggi stiamo insieme, e per piú tempo di prima, e di questo io non posso che esserne davvero felice.

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